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Caterina Serra ha scritto Piccola Patria con Maurizio Braucci e Alessandro Rossetto (regista). Il f prima piazza. E sono felice di vederlo partire da lì.

Curiosità statistica: sei stata invitata anche alla conferenza stampa di presentazione?
Non sono stata invitata a partecipare al tavolo della conferenza stampa, e per ora a nessuna intervista. La scrittura è un po’ come la parte nascosta delle case, le fondamenta, che nessuno vede, o lascia esposte alla vista. Considerato, tuttavia, il lavoro di invenzione e di pensiero intorno al linguaggio cinematografico di questo film sarebbe stato interessante portare al tavolo tutte le voci di chi ha scritto e pensato.

Non c’è un Leone alla sceneggiatura. Che ne pensi?
Sarebbe ora. Darebbe voce e presenza alla scrittura. Un film nasce da un’idea scritta, e si confronta tutto il tempo con quella prima pagina e con quelle che seguono, anche con quelle gettate.

Qual è la tua relazione prevalente nei confronti dei tuoi colleghi sceneggiatori?
Non vivo più in Italia, anche se cerco di coltivare le persone con cui ho lavorato e lavoro, e che sento vicine. Non amo le categorie, le corporazioni, e forse non ho un vero desiderio di appartenenza. Piuttosto mi piacerebbe avere un luogo fisico, non virtuale, del confronto, della visione. Senza troppi narcisismi, capace di una certa generosità intellettuale.


(intervista è a cura di Aaron Ariotti)...

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