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“Nello spettacolo abbiamo fatto quello che potevamo fare con gli strumenti disponibili”. Così il - Molti, compreso il ministro Urbani, lamentano che la spesa pubblica per la cultura in Italia oscilli tra lo 0,16 e lo 0,18% del Pil contro una media europea vicina all’1%. Eppure il Fus del 2002 è stato tagliato e non reintegrato. Come inciderà questo fatto sul prossimo Fus?
“Abbiamo chiesto nel Documento di programmazione economica e finanziaria, il Dpef, un impegno all’incremento delle risorse pubbliche che ci consenta di recuperare i tagli dell’anno precedente e di incrementare le risorse, compatibilmente con la situazione generale della finanza pubblica. Anche perché abbiamo degli obiettivi da raggiungere, tra cui quello del sostegno al libro e alla lettura, su cui puntiamo molto. Finora questa richiesta è stata correttamente recepita in consiglio dei ministri e, in ogni caso, siamo pronti a ingaggiare una battaglia di presidio sulla Finanziaria. Non dobbiamo dimenticare, peraltro, che l’anno scorso il Fus è stato ritoccato al ribasso nell’ambito di una vera e propria “Finanziaria di guerra”. Quest’anno le prospettive sono decisamente migliori, perturbazioni borsistiche permettendo, e sono convinto che il Fus potrà recuperare integralmente i tagli subiti l’anno scorso e avere anche qualche significativo incremento. Ma credo sia comunque giusto puntare soprattutto sull’incremento degli investimenti privati, perché l’aumento di due o tre punti percentuali del contributo pubblico si riduce più ad un effetto mediatico, che non ad una reale capacità di risposta alle attese degli operatori. Invece, una efficace griglia di sostegno, finalizzata all’aumento della platea degli investitori nell’ambito delle attività culturali, può davvero incidere seriamente sulle risorse perché, se il meccanismo funziona, si possono mobilitare cifre che, senza esagerare, possono, a regime, portare al raddoppio dell’attuale disponibilità”.
- Concludiamo parlando di nomine: Bernabè alla Biennale di Venezia, De Hadeln alla Mostra del Cinema, Alberoni alla Scuola nazionale, Ardenzi e poi Galdieri all’Eti, la Cicogna a Italia Cinema. L’impressione è che la destra punti sul noto e non sul nuovo.
“E’ una bella domanda ma non sono d’accordo. Cominciamo con il dire che di nomine fino ad ora, come governo, ne abbiamo fatte poche. Abbiamo in realtà guidato una macchina il cui volante era tenuto da altri. E’ vero, semmai, che dove abbiamo potuto, per esempio nelle recenti nomine sui consiglieri di amministrazione delle fondazioni liriche (v. Giornale dello Spettacolo del 12 luglio) abbiamo inserito diversi giovani e di livello. Ma, più in generale, il criterio che ci ispira è un altro: intendiamo favorire un sistema davvero pluralista senza discriminazioni fatte sulla base delle appartenenze politiche. E lo dimostreremo ulteriormente quanto prima, quando procederemo alle nomine per le commissioni che dovranno erogare, con i nuovi criteri, i contributi pubblici alle attività culturali. Faremo una selezione che si ispirerà non soltanto al nuovo ma, vorrei dire, al “nuovo plurale”. Anche in questo intendiamo distinguerci dai nostri predecessori, che hanno creato una situazione, soprattutto negli organi consultivi del ministero, quasi di circolo chiuso. Noi vogliamo, invece, aprirci a tutte le correnti di pensiero della cultura nazionale, nell’interesse della crescita del Paese e anche del nostro prodotto culturale”.
(GIORNALE DELLO SPETTACOLO, dal n. 25 del 30 agosto 2002)...

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